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03|03

2020

di Maurizio Piazza

Comuni Digitali

Telelavoro e smartworking: una guida pratica

Come organizzarsi nei Comuni

Telelavoro e smartworking: come organizzarsi?

di Andrea Tironi (02 marzo 2020)

Ipotizziamo che oggi arrivi un virus (#coronavirus) e che sia necessario far lavorare i propri dipendenti comunali da casa (telelavoro, un po’ diverso dallo smartworking che richiede anche un cambiamento culturale), cosa deve valutare un Sindaco?

Ecco di seguito i punti principali in ordine di importanza:

TELELAVORO

Connettività: il dipendente comunale ha una connessione internet a casa?

Buona parte di noi hanno una connessione internet (adsl, fibra) flat a casa. Alcuni potrebbero non averla, allora si può fare riferimento allo smartphone, che può fare da hotspot (ovvero diventare lui stesso una modalità di accesso ad internet) anche per un pc che si ha a casa.

PC: il dipendente ha un pc a casa?

Qui le opzioni sono diverse. Il dipendente ha un suo pc e lo utilizzerebbe per scopi professionali? Oppure ha un portatile in comune e può portarlo a casa?

Se in comune ha un pc desktop, allora bisogna considerare l’opzione portatile a casa, altrimenti può prendere il portatile dell’ufficio e portarlo a casa.

In Consip c’è attiva una gara (alla data di scrittura di questo articolo) per i portatili che permette di acquistare portatili a costo nettamente migliore rispetto al mercato e sembrerebbe il Governo stia predisponendo degli incentivi per l’acquisto di portatili per la PA.

Il telefono

Il cittadino è abituato a chiamare in comune se serve qualcosa. Quindi è necessario che qualcuno risponda. Se il dipendente comunale ha un telefono di lavoro, è possibile girare le chiamate dall’interno telefonico sullo smartphone o cellulare di lavoro. Altrimenti va chiesta la disponibilità del dipendente a girare le chiamate sul telefono personale, o gli va recuperato un telefono su cui girare le chiamate. Quando le chiamate vengono girate dall’interno al numero sullo smartphone, tipicamente non si vede il numero sullo smartphone e quindi la privacy del dipendente e è comunque garantita.

Le Applicazioni

Assodato che il dipendente possa lavorare da casa (connessione + pc + telefono), e quindi verificato che alcune condizioni tecnologiche di base siano attive, si entra nel vivo di quello che può essere un ostacolo non superabile.

Le applicazioni dell’ente sono raggiungibili da remoto, ovvero sono in cloud? E’ possibile metterle in cloud?

Se si, ottimo. Se no, ci sono dei workaround per risolvere la questione, come ad esempio VPN (canali virtuali cifrati) verso l’ente, oppure accessi in desktop remoto ai server. E’ importante, verificare puntualmente quali applicazioni sono raggiungibili da remoto, sia per l’emergenza vissuta che per quelle future ed orientarsi su applicazioni in cloud, in modo da non avere problemi in futuro.

Se ad oggi non si hanno applicazioni cloud, meglio iniziare a pensarci, una ad una. Lo facciamo insieme di seguito.

Le Applicazioni - La Posta

Tra le applicazioni, sicuramente una delle più facili da mettere in cloud e più usate è la posta elettronica. Dopo essersi chiesti se la posta è leggibile da remoto e quindi sia da portatile che da smartphone, se la risposta è negativa, è importante attrezzarsi subito perché lo sia.

Ormai tenere in casa il servizio di posta è anacronistico, a parte in casi di grosse realtà e forse anche qui si potrebbe ragionarci. Quindi è fondamentale migrare subito su un servizio cloud, in modo che la posta sia in tempi normali che in tempi di coronavirus o di altre calamità (atmosferiche?) sia possibile leggere la posta da qualunque dispositivo e ovunque.

Sul marketplace cloud di AgID ci sono diversi servizi che permettono questo. E di per sè la migrazione è una delle più semplici da realizzare.

Le Applicazioni - Collaboration (file server e calendari)

Fondamentale quando si lavoro in remoto è avere strumenti di condivisione files e calendario, in modo da essere tutti allineati e poter lavorare sui documenti a 4-6-8-infinite mani.

Gli strumenti di collaboration più noti, disponibili anche su martketplace cloud, sono GSuite e Office365. Questi in particolare permettono di vedere calendari condivisi e lavorare insieme su files direttamente in cloud (ovvero con un semplice browser), in modo che non ci sia da un lato il problema di raggiungibili da remoto tipica dei files server standard, dall’altro una sincronizzazione perfetta dei files senza doversi mandare tra gruppi di lavoro le varie versioni.

La collaboration è un passo che, se da un lato aiuta il telelavoro, dall’altra aiuta ad accelerare il lavoro anche in ufficio, perché permette di dimenticarsi del versioning (mandami la versione 2, ti mando la versione, accidenti ho modifica la 2 e dovevo modificare la 3! … con un sacco di tempo perso) tipico di prodotti installati in locale (es. Office, Openoffice, Libreoffice) e di lavorare completamente nel browser e da qualunque posto, purché ci sia un browser.

Per le esigenze della maggior parte degli enti locali medio-piccoli, la collaboration inoltre può essere un valido modo, come detto, di mettere in cloud i fileserver e liberarsi dell’onere di gestione di questi oggetti, in continua crescita.

Le Applicazioni - I software di core

I software di core (Maggioli, APK, Halley, PaDigitale, Dedagroup, Siscom, ecc.) sono i software che fanno funzionare l’ente. Sono raggiungibili da remoto? Sono in cloud?

Se la risposta a queste due domande è NO e NO; è giunto il momento di far diventare la risposta SI e SI, sentendo il proprio fornitore di riferimento sistemistico o direttamente la software house per capire costi, svantaggi e vantaggi. Il tutto a partire dal marketplace cloud di AgID.

Le Applicazioni - Portali al cittadino

Un quarto punto riguardante le applicazioni, è riferito all’interazione con il cittadino. Il cittadino è abituato ad andare in comune per ogni cosa, per un semplice tema di tempo e sfiducia.

Tempo, perché se va allo sportello sa che la pratica viene gestita subito. Sfiducia, perché teme sempre di sbagliare qualcosa facendo da solo, quindi preferisce qualcuno di competente che lo aiuti. Negli ultimi anni si sono diffusi sportelli virtuali (es. SUAP) che permettono di presentare le istanze online. Ci sono anche servizi che permettono di presentare quasi tutte le istanze comunali da un portale, seguendo un iter prefissato. Questo può essere interessante sia in tempo di emergenza che in tempi normali, per ridurre il carico sugli uffici comunali a livello di sportello e permettere ai cittadini di presentare istanze digitalmente da dove vogliono e quando vogliono, e non necessariamente negli orari di sportello comunale.

SMARTWORKING

In aggiunta a tutto quanto sopra indicato (telelavoro), per fare smartworking servono alcuni elementi ulteriori:

 

Un accordo

Anche se al momento questa pratica è sospesa dal Governo per coronavirus, teoricamente per fare smartworking va firmato un accordo tra dipendente e amministrazioni che specifichi:

  • giorni di smartworking
  • orari di raggiungibilità
  • strumenti in uso

 

KPI e Monitoring

Questo probabilmente è il passo più articolato da fare per arrivare al vero smartworking.

Cambiare cultura, ovvero dimenticarsi il lavoro a chili e cominciare a lavorare per obiettivi.

Il lavoro a chili/ore lavorate è un modello di lavoro vecchio. Più straordinarie fai, più lavori. Probabilmente quando i lavori erano fisici era così (ma forse nemmeno lì), del resto la società moderna si è accorta che esserci non vuol dire lavorare: una persona può fare 10 ore al giorno e non produrre, o produrre male. Un’altra può fare 1 ora e aver prodotto davvero qualcosa di utile.

Nelle culture nordiche, fare straordinario è un segnale di allarme, per cui si viene chiamati dal proprio capo per capire se c’è un problema di processo (l’azienda ha sovraccaricato il lavoratore) o di persona (la persona non si sa gestire negli orari di lavoro). Nelle culture latine (come la nostra) invece, fare tante ore sembra ancora il modo per cui ci si “sente a posto” e di “aver dato il meglio”.

In verità bisogna passare ad un cultura del valore. Ovvero: se lavoro 10 ore ma il valore prodotto è 0, non ho lavorato. Se lavoro 1 ora e il valore prodotto è 1, ho lavorato.

Questo ragionamento si riallaccia un po’ al discorso function point e task: se ho fatto una cosa, sono a posto. Non proprio. Se ho fatto una cosa e ho raggiunto lo scopo che mi ero prefissato (per esempio, aumentare del 30% le istanze presentare online, nell’arco del 2019) allora ho lavorato e raggiunto uno scopo definito. Se invece ho solo fatto il software che serviva ad aumentare la presentazione delle istanze online, ma poi questo non avviene, ho lavorato male e il lavoro non è servito allo scopo.

Questa è la differenza tra valore/risultato e lavoro fine a se stesso/function point.

Fare smartworking vuol dire quindi passare a una cultura di risultati e obiettivi, tralasciando le ore lavorate. E per sapere se ho raggiunto gli obiettivi e prodotto valore, questi vanno pensati prima e hanno bisogno di un sistema di monitoraggio che permetta di capire il mio lavoro cosa ha cambiato e come.

Tutti questi ragionamenti vanno fatti in tempi di “pace”, perchè in tempi di guerra è “difficile” fare un cambiamento così epocale, visto che si hanno già altri pensieri.

E vanno fatti prima di tutto nella testa del management (Sindaci e Segretari), abituati (in alcuni casi) a pensare che i dipendenti comunali “tanto sono pagati” quindi il loro tempo non ha valore.

Assolutamente sbagliato.

Il tempo dei dipendenti pubblici ha valore (e viene pagato dai soci che sono i cittadini che lo vogliono vedere fruttare) e come tale deve generare valore.

Se libero una risorsa della ragioneria (grazie ad esempio alla riconciliazione automatica in pagoPA) che invece di fare meri calcoli matematici e somme (valore basso, che potrebbe fare anche un robot) inizia a fare ragionamenti complessi su come sono i trend  di spesa, su cosa si sta spendendo di più e cosa meno, perché le spese stanno variando etc etc (valore alto), avremo prima di tutto impiegato meglio il suo tempo, su attività a maggior valore, secondariamente avremo ottenuto risultati migliori (non semplici somme, ma magari riduzione della spesa e maggiore consapevolezza dello stato del bilancio comunale).

Terzo avremo probabilmente motivato di più il dipendente, che si sentirà meno calcolatrice e più essere umano.

Questo non è facile, ma può essere fatto, anche nella PA.

Un progetto Europeo che ha portato (valore) alla generazione di un kit riutilizzabile per questo percorso è: https://www.smartworkingvela.it/. Per chi volesse approfondirlo, è il kit utilizzato anche nella nostra realtà per l’emergenza coronavirus.

 

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